Tarots
di Diletta Benedetto
Con Tarots la riflessione di Alessio Delfino sulla simbologia ancestrale collegata al femminino sacro, che impregna il lavoro condotto negli ultimi anni, assume una valenza ulteriore. Il discorso cosmogonico che sta dietro alla ricerca delle origini della dea madre, declinata nelle sue diverse qualità fino a comporre un vero e proprio pantheon di divinità femminili, svela ora il suo senso profondo, restituendo ormai quasi senza ambiguità il nesso con un terzo elemento che mancava a completarne l’interpretazione. Nella visione compositiva di ognuno dei sei Arcani Maggiori dei tarocchi, ispirata alla tradizione marsigliese, che Delfino ha finora costruito, senza fretta, in questo progetto artistico aperto, che fa del trascorrere del tempo un elemento costitutivo del senso stesso del suo divenire, il femminile, l’origine della vita e l’espressione più elevata del senso stesso dell’esistenza terrena, ovvero il percorso di accesso alle successive fasi di conoscenza, si intrecciano in una chimica irreversibile, proprio come in una formula alchemica. Il viaggio che simbolicamente intraprende il Bagatto, la carta numero zero, attraverso il percorso che lo porterà dall’iniziazione, attraverso una fase di purificazione e una di illuminazione, alla reintegrazione finale, a raggiungere al termine un nuovo status cognitivo e spirituale, che lo renderà libero: matto agli occhi dei più, può rappresentare il viaggio che l’artista stesso compie attraverso un proprio percorso di consapevolezza. E che restituisce un’opera che sembra voler contenere tutto, quasi come per Jorge Borges nel suo Aleph. Un’Opera Omnia, un’Aleph appunto, che contiene in sé la simbologia del principio e della fine, che si alternano e si rincorrono; con un riferimento forte anche alla Commedia di quel Dante Alighieri che per caso o forse no inizia a scrivere la sua Opera Omnia proprio nel medesimo “mezzo del cammin di nostra vita”, nel quale l’artista savonese si trova ad intraprendere il suo viaggio attraverso Tarots. Ma c’è un elemento che, fra tutti, disambigua la sensazione iniziale di avere di fronte un lavoro perfetto, che quasi impedisce ogni altra interpretazione oltre a quella già meticolosamente composta dal suo sapiente regista. Nell’estetica senza sbavature di ognuna delle fotografie di Delfino, infatti, il vero livello di accesso esoterico, nascosto ai più, può consistere soltanto nel rintracciare uno spazio di interpolazione, uno spazio bianco composto dentro ad uno schema estetico pieno e visitabile, secondo la rigorosa disciplina misterica, solo dopo aver avuto accesso pieno al livello ermeneutico precedente. Su questo piano lo spettatore che si sia conquistato una chiave d’ingresso adeguata può infine agganciare un significato proprio all’intreccio di significati consegnati da Alessio Delfino. Soltanto così l’artista potrà cimentarsi nella conquista di un nuovo livello di conoscenza e, come il matto, il tarocco numero zero, simbolo della rinascita alla fine del mazzo, ricominciare da capo.
Il mito, la bellezza femminile, la perfezione formale.
di Anna Saba Didonato
La fotografia abdica alla sua originaria natura di mezzo di riproduzione del reale, per costruire architetture iconiche in cui abitano il mito e la perfezione formale e in cui si respira un’atmosfera magicamente sospesa, cristallizzata in una dimensione atemporale dal retrogusto decadente. Fotografo raffinato, Alessio Delfino compone, scrupolosamente e in aderenza ai dettami delle fonti, le ambientazioni in cui sono ritratti i soggetti, rimandando a luoghi altri, ad altre dimensioni, invitandoci a varcare la soglia del mistero e del soprannaturale.
La serie Tarots, dedicata ai ventidue arcani maggiori del Tarocco Marsigliese, è qui rappresentata nei primi sei scatti raffiguranti la Luna, l’Imperatrice, il Diavolo, il Sole, la Stella e la Morte, eleganti e complesse rappresentazioni allegoriche in cui l’iconografia classica è sapientemente sublimata sia dalla concezione estetica che dalla cifra stilistica neobarocca dell’artista. La scelta tematica è un’emanazione spontanea degli interessi esoterici di Delfino che, con la rappresentazione del mazzo dei tarocchi quale percorso iniziatico verso la conoscenza ed in cui la figura femminile riveste un ruolo simbolico strategico, svela quelle che sono le linee direttrici della sua ricerca personale: la sacralità dell’eterno femminino e la centralità della donna in una concezione del mondo intesa come “grande rappresentazione” e “della vita come un percorso di assoggettamento, più o meno volontario e consapevole, al potere del simbolico”.