VisionQuesT Contemporary Photography
Piazza Invrea 4R GENOVA
Sir Thomas Overbury nel suo poema “A Wife” (1613) scriveva: All the carnal beauty of my wife is but skin-deep (tutta la bellezza carnale di mia moglie non è che superficiale). Ma come affrontare il fascino eterno della carne e il modo in cui viene confuso con le questioni “sottocutanee”, soprattutto per quanto riguarda quella parte del corpo più inafferrabile: l’anima?
Qual è la ragione per cui vogliamo possedere un bel fiore al culmine della sua fioritura, se un giorno andrà a perdere i suoi petali? Inseguiamo ephemeron a nostro rischio e pericolo. Fin dall’antichità abbiamo cercato di abitare un universo alternativo, consegnando e attribuendo alla bellezza superficiale caratteristiche funzionali ad un’idea, come per esempio nel mondo greco e romano in cui la proporzione e l’armonia erano non solo indice di bellezza, ma di bontà e virtù. La kalokagathìa infatti indicava nella cultura greca del V secolo a.C. l’ideale di perfezione fisica e morale dell’uomo. Cambiati i secoli e cambiati i canoni e le idee di bellezza, non ne sono cambiate le effimere qualità, perché effimeri ne sono i canoni di valutazione.
SKIN DEEP non vuole essere un trattato, un’analisi dettagliata e profonda sull’estetica dei significati attribuiti alla bellezza della carne, in particolare nell’arte, ma proporre l’esplorazione, la pulsione desiderante di sei modalità dello sguardo scaturite da mondi e realtà diverse, che sfiorano i corpi raccontandoci e raccontandosi le loro esperienze e i lori pensieri sul concetto di Bellezza.